Alla luce della Riforma del lavoro Sportivo, molti collaboratori sportivi, che operavano in regime dei compensi sportivi ex art, 67, comma 1, lettera “m”, del T.U.I.R., dovranno aprire la P.IVA.
E’ bene sin da subito mettere in evidenza che eventuali contratti co.co.co. previsti dalla riforma (co.co.co. “transitori”), come tutti i co.co.co., sono invece “rapporti di lavoro”, impediscono la successiva apertura della P.IVA nel regime forfettario ai sensi dell’art.1, comma 57 della legge 190/2014: è precluso il regime forfettario qualora l’attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta.
Al contrario, i “vecchi” compensi sportivi ex art, 67, comma 1, lettera “m”, del T.U.I.R. non si riferiscono a “rapporti di lavoro” e quindi sono assolutamente irrilevanti ai fini della possibilità di aprire partita IVA con il regime forfetario. In altri termini un collaboratore sportivo che ha esercitato l’attività fino al 30 giugno 2023 con le disposizioni del vecchio regime agevolato (compensi in esenzione di imposte fino a 10.000 euro nonché, indipendentemente dall’importo, da contributi) può aprire una partita IVA con il regime forfetario, sempre che rispetti le altre condizioni previste dal citato art.1, co. 57, della legge 190/2014.
Il dubbio che a questo punto potrebbe sorgere, riguarda l’applicabilità dell’aliquota IRPEF del 5% per i primi 5 anni o del 15%, a seconda che l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo e sia quindi in sostanza una “nuova iniziativa”.
Tale dubbio viene sciolto dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate del 30 maggio 2012, n. 17/E nella quale viene indicato che ai fini della considerazione dell’attività come “nuova iniziativa” non precludono precedenti attività svolte con “lavoro precario” come, ad esempio, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa o quelli di lavoro a tempo determinato che si caratterizzano per la loro marginalità economica e sociale. L’Agenzia delle Entrate ritiene che la condizione di marginalità sussista tutte le volte che l’attività di lavoro dipendente a tempo determinato o l’attività di collaborazione coordinata e continuativa sia stata svolta per un periodo di tempo non superiore alla metà del triennio antecedente l’inizio della nuova attività con partita IVA.
Di conseguenza, poiché i compensi ex art. 67 lettera “m” non erano compensi di lavoro, anche eventuali compensi percepiti negli ultimi mesi del 2023 come co.co.co. non impediscono l’applicazione dell’aliquota ridotta del 5%: un rapporto di qualche mese è ben inferiore alla metà di un triennio.